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Il tema della sostenibilità è il criterio guida condiviso a livello internazionale a cui si riferiscono i diversi sistemi operativi di incentivo allo sviluppo. Essa ruota infatti attorno a tre dimensioni: la sostenibilità economica, intesa come capacità di generare lavoro e reddito per una data popolazione, la sostenibilità sociale, intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione) equamente distribuite all’interno della community, e sostenibilità ambientale, intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali. A livello aziendale, la sostenibilità è spesso il risultato di processi di innovazione, ovvero l’introduzione di nuovi prodotti, servizi, processi, modelli organizzativi, in grado di modificare, in toto o in parte, il modello di business aziendale, e di contribuire a migliorare le performance economiche, sociali ed ambientali delle imprese nel medio-lungo periodo.

Partendo da questo contesto, il gruppo MaUnimib dell’Università degli Studi di Milano Bicocca ha realizzato una ricerca quali-quantitativa allo scopo di analizzare lo stato e le potenzialità della filiera agro-alimentare in merito alla sostenibilità e all’introduzione di elementi di innovazione sostenibile[1]. L’indagine è stata condotta da febbraio a luglio 2015 su un campione di 83 imprese di medie e grandi dimensioni, che operano in Italia nei settori dell’Agricoltura, dell’Industria Alimentare e della Grande Distribuzione, e l’approfondimento di alcuni casi aziendali che rappresentano esempi di best practice sui temi della sostenibilità e della Responsabilità Sociale d’Impresa (nella figura 1 è rappresentato il modello di partenza utilizzato per la ricerca).

Dall’indagine emerge che l’80% delle imprese ha realizzato innovazioni di prodotto e/o di processo tese a migliorarne congiuntamente le performance economiche, il rispetto dell’ambiente e la vita sociale e che il 97% delle stesse intende introdurre innovazioni sostenibili nei prossimi tre anni. Tali innovazioni si concentrano prevalentemente sui processi e le più diffuse riguardano l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili (il 74,6%), il riciclaggio e il riutilizzo delle risorse materiali (il 52,2%), l’introduzione di tecnologie in grado di ridurre i consumi energetici, i rifiuti prodotti, l’inquinamento atmosferico (il 65,7%) e i processi di dematerializzazione delle informazioni (il 55,2%). A queste si affiancano le innovazioni di prodotto/servizio quali quelle che permettono di ridurre l’impatto ambientale del packaging (il 57% delle imprese) e la sostituzione di alcuni componenti inquinanti con materie prime caratterizzate da un più basso impatto ambientale (50,7%).

 

I modelli organizzativi aziendali si mostrano sempre più caratterizzati dall’impiego di sistemi e strumenti di responsabilità sociale nella gestione delle risorse umane e dei problemi ambientali e sociali. E’ frequente in particolare l’utilizzo di certificazioni – di prodotto, di processo o a livello d’impresa (es. certificazioni di qualità, certificazioni di filiera, certificazioni ambientali) – che se da una parte fungono da motore per scelte responsabili nei confronti della comunità, dall’altra contribuiscono a rendere più competitive le imprese nei mercati nazionali ed internazionali.

Misurare l’impatto delle innovazioni sostenibili è condizione necessaria per poter valutare l’efficacia delle iniziative per la sostenibilità, intervenire per migliorarle e comunicare con chiarezza i risultati dei propri sforzi agli stakeholder. A causa di un’eccessiva standardizzazione dei modelli consolidati quali SROI (Social Return on Investment) e GRI (Global Reporting Initiative) però, gran parte delle imprese opta per soluzioni intermedie, predisponendo misure ad hoc focalizzate su dimensioni specifiche della sostenibilità.

Affinchè un processo innovativo per la sostenibilità risulti efficace è necessario saper comprendere le esigenze e i bisogni dei diversi attori in gioco. Numerose sono a questo proposito le iniziative avviate dalle imprese della filiera per promuovere l’ascolto dei propri stakeholder (es. le linee d’ascolto dedicate, le indagini di customer satisfaction, le consultazioni on line, le indagini di clima, i workshop e focus group e le partnership o le sponsorship). L’attenzione delle imprese risulta però ad oggi  rivolta prevalentemente a clienti e dipendenti, mentre fornitori e altri attori della comunità locale (es. istituzioni pubbliche, cittadini, associazioni, ecc.) sono spesso esclusi dai processi di “engagement”.

Gli orientamenti e comportamenti socialmente responsabili sono poi incorporati nell’attività aziendale spesso anche in mancanza di formalizzazione della stessa. La Corporate Social Responsibility (CSR), introdotta dal 30% delle imprese del campione, non è infatti condizione necessaria per l’innovazione sostenibile. Numerose sono le imprese, in particolare quelle di minori dimensioni, che pur non disponendo di sistemi di CSR si impegnano in processi di innovazione sostenibile (il 75% delle imprese che non hanno la CSR hanno comunque introdotto almeno un’innovazione sostenibile negli ultimi tre anni).

Tra principali barriere all’innovazione sostenibile sono la scarsità di risorse tecnologiche e finanziarie, nonché l’assenza di regole ed incentivi adeguati a livello istituzionale. D’altra parte, i fattori che possono influenzare negativamente la capacità di innovare, vengono spesso superati laddove a guidare l’azienda vi sia un management portatore di una nuova cultura di impresa fondata su obiettivi e valori orientati alla creazione di valore sociale e capace di cogliere i cambiamenti nelle preferenze dei clienti finali.

In sintesi l’orientamento alla responsabilità sociale e alla sostenibilità emerge come un rilevante driver dell’innovazione aziendale e in particolare come uno dei motori dell’innovazione del modello di business aziendale. D’altra parte, innovare nella prospettiva della sostenibilità implica la necessità che l’azione manageriale sia a tutti i livelli dell’organizzazione consapevole del ruolo che le imprese giocano nel raggiungimento di modelli di sviluppo sostenibili da un punto di vista economico, sociale ed ambientale. Il rispetto delle regole e degli standard imposti alle aziende dalle istituzioni pubbliche nazionali o transnazionali, non “satura” infatti il concetto di sostenibilità a livello aziendale, richiedendo invece ai manager e a tutti gli operatori aziendali un orientamento dei propri comportamenti verso lo sviluppo della sostenibilità dell’organizzazione al di là e oltre logiche di mera “compliance”.

 

 

[1] L’indagine fa parte del IV Rapporto della Fondazione Obiettivo Lavoro i cui risultati sono stati presentati il 25 Novembre 2015 presso la sede del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. I risultati completi dell’indagine sulla filiera agro alimentare sono inclusi nel libro Mezzanzanica M. (2015), “La filiera agro alimentare”, Aracne, Roma (http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/pubblicazione.html?item=9788854887350)